Palestrina: la citta' della dea Fortuna

Nel 1294 benedetto Caetani divenne papa con il nome di Bonifacio VIII. Invano i Colonna, suoi fieri nemici, cercarono di impedire e di invalidare poi l'elezione. Qualche anno dopo, per vendicarsi, il pontefice inviò un esercito ad espugnare il loro feudo di Palestrina, a quaranta chilometri da Roma, una delle più antiche città laziali. La città fu conquistata e rasa al suolo, sulle rovine fu passato l'aratro e gettato il sale. Fu risparmiata la cattedrale di Sant'Agapito, ma il palazzo dei Colonna fu distrutto. Stessa sorte toccò a molti altri monumenti tra cui il santuario dedicato alla Fortuna Primigenia, famoso nell'antichità per i suoi oracoli, in cui si celebravano riti divinatori e mete di continui pellegrinaggi. I cittadini di Praeneste, fondata nel VII secolo avanti Cristo e a lungo rivale di Roma, erano devotissimi alla dea. Nel IV secolo la città era orgogliosamente difesa da un anello di mura ciclopiche, che si estendevano per quattro chilometri e mezzo, e da nove “oppida” fortificati sparsi nel territorio circostante. Già nel Rinascimento l'enigma dei resti monumentali che affioravano tra le povere case di Palestrina sollecitò la fantsia o il rigore archeologico degli architetti lanciati alla scoperta delle civiltà degli antichi. Giuliano da Sangallo e persino il Palladio si cimentarono nella ricostruzione ideale di quello che apparve subito essere una delle più colossali architetture scenografiche della storia, una “gioia per gli occhi” priva di interni, tutta basata su dislivello, prospettiva e profondità di campo, balaustre e colonnati da guardare o da cui affacciarsi, una struttura con cui il potere celebrava se stesso. E' negli anni Cinquanta che si dà inizio all'opera di studio, di interpretazione – affidata al grande plastico in mostra al Museo parnestino – e di recupero del complesso del santuario. Padri del santuario della Fortuna Primigenia sono le grandi scenografie greche, come l'altare di Pergamo. mentre ne discendono, ad esempio, l'altare della Patria o il Vittoriale a Roma. Una delle opere più famose che impreziosivano il complesso era certamente il mosaico nilotico che decorava il pavimento della cosiddetta aula absidata. Il mosaico è conservato presso il Museo archeologico di Palestrina è, al tempo stesso, una carta geografica -rappresenta infatti in forma prospettica l'Egitto - e una tavola di storia naturale – presenta infatti un bestiario ispirato forse all'ambiente culturale della biblioteca di Alessandria- .Oggi i resti dell'imponente monumento della Fortuna dominano il paesaggio di Palestrina, anche se molte parti del complesso non affioreranno mai perché ormai inglobate in altre costruzioni. Come palazzo Barberini, col muro semicircolare e la base delle colonne che formavano l'esedra del tempio, o come l'ex-seminario presso il duomo, su cui è stato conglobato l'edificio della basilica. A Palestrina è possibile visitare anche la cattedrale di Sant'Agapito, che sorge su un complesso pagano in tufo. Dedicata nel V secolo, fu distrutta e ricostruita nel Rinascimento. Un gioiello di Palestrina è anche Santa Rosalia, la chiesa fatta costruire da Matteo Barberini a metà del Seicento: in una cappella funebre era collocata la Pietà di Palestrina scolpita da Michelangelo, ora esposta a Firenze. Resti delle antiche mura, scoperti a fine '800 sono visibili all'inizio di via Anicia. Inoltre, accanto ad alcuni massi della cinta ciclopica originale e delle mura romane, si trova la Porta del Sole, del 1642, così chiamata per lo stemma araldico della famiglia Barberini scolpito sull'architrave.


Autore: Nadia F. Poli